Sommario

 


 

Igor' V. Peškov, M.M. Bachtin: ot "K filosofii postupka" k Ritorike postupka [M.M. Bachtin: da "Per una filosofia dell'azione" a una Retorica dell'azione] Moskva, Labirint, 1996, pp. 174.

La diffusione delle idee di M.M. Bachtin (1895-1975) conosce al momento attuale, in Russia, un'espansione senza precedenti. Dopo un lungo silenzio, dopo un «Bachtin: za ili protiv» - «a favore o contro», è finalmente giunto il momento di un o Bachtine - «intorno a» Bachtin - forse già orientato al suo posle, al suo superamento. Anche in campo editoriale è un fervore di iniziative volte a sanare le ferite riportate durante penosi anni di censura - tanto che nell'Introduzione al V tomo, il primo a tutt'oggi uscito della programmata opera omnia in sette volumi, S.G. Bočarov constata: «In generale, la grande tappa della prima pubblicazione del corpus fondamentale delle opere di M.M. Bachtin può ora finalmente ritenersi conclusa».
In questa tensione a una ricostruzione filologica del percorso evolutivo del pensiero bachtiniano, particolare importanza ha rivestito la pubblicazione del testo giovanile «K filosofii postupka», risalente agli anni 1920-'24, frammento di un ampio progetto filosofico rimasto incompiuto - fondamentale, oltre che per il suo intrinseco valore teoretico, per cogliere il senso complessivo dell'itinerario di ricerca del filosofo russo. Pubblicato per la prima volta a cura di S.S. Averincev e S.G. Bočarov nell'annuario Filosofija i sociologija nauki i techniki: Ežegodnik 1984-85 (Moskva, Nauka, 1986, pp. 82-138), poi comparso in una seconda edizione nel volume: M.M. Bachtin, Raboty XXch godov (Kiev, Next, 1994, pp. 11-68), lo stesso testo ci viene ora presentato, a cura, presentazione e commento di I. Peškov, in una nuova veste dinamica e propositiva . Già redattore della collana «Bachtin pod maskoj», che ha promosso la riedizione dei cosiddetti testi «deuterocanonici» di Bachtin (i testi a firma di Medvedev e Vološinov ma di quasi certa paternità bachtiniana) e della prima versione della monografia su Dostoevskij, del 1929, Peškov sceglie programmaticamente di inserire come quinto numero della serie questo lavoro, di fatto posteriore ai testi della "Tetralogia" (come egli stesso la definisce), ma ad essi legato dall'unità profonda del progetto. Peškov organizza il volume in modo originale; scritto, secondo il suo progetto, nel genere bachtiniano del «pensiero partecipe» [učastnoe myšlenie], esso si divide in tre sezioni. In una prima parte il curatore riporta estratti di un precedente saggio per introdurre il proprio punto di vista nella forma del dialogo filosofico - dapprima tra un Metodologo, un Teoretico e un Propagandista, quindi tra uno Storico, un Retore e un Redattore. M.M. Bachtin, è questa la tesi, avrebbe superato la limitatezza della retorica precedente apportandovi le basi etiche dell'«invenzione», di cui momento fondante è la «parola»: parola «responsabile», cioè parola «tra». A questi "dialoghi", che individuano Bachtin come iniziatore di un nuovo paradigma retorico la cui radice sarebbe nell'architettonica dell'azione, segue il momento dell'«Agone»: non nel significato più tardo di «sfida, duello», ma nel senso più generale, antico - squisitamente bachtiniano - di «luogo di incontro». Peškov ripropone qui integralmente il frammento K filosofii postupka secondo l'edizione già diffusa (privata delle note dei precedenti curatori), inframmezzando al testo bachtiniano interventi personali. Ne risulta un originale dialogo tra lettura e lettore che mette in luce alcuni dei momenti principali dell'elaborazione del filosofo russo, esibendo metateoricamente nel contempo il reale oggetto della sua retorica: l'«uomo parlante», cioè l'«uomo che agisce con la parola». A questo testo centrale segue la terza parte, una sorta di appendice in cui Peškov, qui enunciatario diretto al di là di ogni «maschera», ribadisce la propria posizione rispetto ai testi della "Tetralogia", insistendo sulla necessità di leggere l'opera bachtiniana nell'unità della sua incarnazione responsabile. Si tratta di un'unità concettuale, insiste l'autore, e non di una lotta periferica con il formalismo, con il freudismo, con il marxismo - casi isolati di una più generale lotta con la dominante retorica della conoscenza: un'azione responsabile, che racchiude in sé sia l'ambito estetico che quello teorico.
Libro al tempo stesso complesso e superficiale, che offre un'idea della problematicità e della malleabilità del pensiero del filosofo russo, questo di Peškov è uno strumento interpretativo che, nell'esegesi del frammento bachtiniano che intende proporre, resta meno efficace, ci pare, della non "inventiva" forse ma più pacatamente misurata edizione canonica. Nella presentazione di Peškov, la sensazione è che un testo già frammentario risulti ulteriormente spezzato, affaticato - "disturbato" a tratti da fastidiose pose intellettualistiche. Come racconto dell'evento di una lettura, come narrazione dell'«avventura semiologica» di un critico dall'esperienza pluriventennale di studio di testi bachtiniani, è invece un luogo "responsabile" di suggestioni vivissime, che ha soprattutto il merito fondamentale di insistere sulla necessità di una corretta rivalutazione del percorso evolutivo della prima fase della riflessione bachtiniana, fulcro di tutte le direzioni di ricerca future.

Margherita De Michiel]


Elena A. Bogatyreva, Dramy dialogizma: M.M. Bachtin i chudožestvennaja kul'tura XX veka [I drammi del dialogismo: M.M. Bachtin e la cultura artistica del XX secolo] Moskva, Škola Kul'turnoj Politiki, 1996, pp. 135.

L'interesse sempre crescente suscitato dalle idee di M.M. Bachtin alla fine del nostro secolo - «l'influenza grottescamente anacronistica del suo pensiero nell'Occidente dell'epoca postmodernista», come l'ha definita C. Emerson - induce a pensare che la cultura di pensiero da lui fondata risponda alle richieste essenziali della coscienza scientifica e sociale. Questo pare confermare anche il nuovo lavoro di E.A. Bogatyreva, che va ad aggiungersi alla messe sempre crescente di letteratura critica sul filosofo russo: un libello «dedicato a questioni che in buona parte sono risultate alla periferia della bachtinologia tradizionale (cosa che, evidentemente, pare esistere già) o che non sono state affatto affrontate», come spiega nell'introduzione la stessa autrice. Lo studio si profila come ulteriore tentativo di rispondere alle domande: «Perché abbiamo bisogno di Bachtin?»; «Da che cosa è motivato l'interesse sempre crescente verso la sua opera?»; «Come possiamo usare Bachtin (senza abusarne)?». Domande lecite, che per molti versi ci sembrano però, a dispetto della loro ambizione, già divenute "classiche" nella riflessione critica contemporanea: così come "classiche" ci paiono anche, nonostante la loro presunta "novità", le risposte che ne prospetta la giovane studiosa.
Il lavoro di Bogatyreva non vuole essere una presentazione sistematica dell'estetica e della filosofia di M.M. Bachtin, ma solo uno sguardo all'evoluzione del suo pensiero dal punto di vista di una problematica specifica. L'asse intorno a cui ruota la ricerca è il problema del dialogo, in quanto tema sempre teso e drammatico nell'opera bachtiniana, in quanto centro del problema stesso, fondante, dei rapporti soggetto-oggetto: il «dialogismo […] è sottotesto e pathos dei lavori di Bachtin». Figura di confine, in cui si intersecano molti problemi dell'estetica e della filosofia del XX secolo, Bachtin ci viene qui mostrato nel suo carattere bifronte, da un lato continuatore della tradizione classica, dall'altro rappresentante di una filosofia del XX secolo già nuova - al confine tra filosofia occidentale e russa. Un'originale "marginalità" segnata anche dalla fusione di astratta teorizzazione e necessità di «azione»: la responsabilità individuale dell'artista diviene così, in Bachtin, unico modello possibile di uscita dalla "situazione di crisi" della realtà culturale moderna - non dimentichiamo poi che la sua filosofia doveva essere guida anche per la vita quotidiana dell'uomo.
L'autrice organizza la propria riflessione intorno a tre momenti fondamentali: il Bachtin degli anni Venti (Iskusstvo i otvetstvennost': Bachtin v načale 20-ch godov); il Bachtin dei testi «deuterocanonici» e della teoria del romanzo (V koordinatach filosofii jazyka); il Bachtin del Rabelais (K metodologii analiza pograničnych javlenij: ešče raz o «Tvorčestve Fransua Rable»). I concetti fondamentali della prima filosofia bachtiniana - il «pensiero partecipe», l'«architettonica», l'«azione», la «responsabilità», il «non-alibi nell'essere» - testimonierebbero nella loro originale terminologia del fatto che i problemi di cui parla Bachtin non potevano essere formulati nella lingua della filosofia classica: con essi l'autore manifestava l'uscita dai limiti del quadro filosofico classico del mondo. Una «filosofia di confine» di cui la teoria del romanzo come ontologia dell'essere individuale rappresenterebbe la trasformazione in un'«estetica di confine», fondata su una teoria del dialogo come modo stesso dell'esistenza dell'uomo in quanto contemporaneamente "soggetto" e "prodotto" della cultura. Nella famosa monografia su Rabelais, poi, Bachtin affronterebbe il problema dell'elaborazione della metodologia di analisi dei fenomeni marginali - il tema del «marginalismo» essendo tendenza generale determinante dello sviluppo dell'arte del nostro secolo.
Un libro fatto di molte "impressioni", questo della Bogatyreva. Bachtin vi si trova accostato a Vaginov e ai personaggi dell'élite culturale del tempo, a Kierkegaard e Heidegger, a Sartre e Ortega y Gasset, a Špet, Saussure, von Humboldt - e ancora a Belyj, Čechov, Tolstoj. Impressioni suggestive, alcune fondamentali, non tutte organiche. In generale, l'impressione che si compone è quella di un lungo articolo, più che di un breve libro. L'assoluta pretesa di "novità" porta inoltre l'autrice a intuizioni interessanti ma talvolta ingenue nella loro "esclusività". Come sempre, è un problema di "misura": va bene fare di Bachtin un fenomeno «di confine», ma non «senza confini». Ha però senz'altro ragione l'autrice quando vede in Bachtin stesso il "primo eroe" della filosofia dell'azione da lui fondata, ed i problemi sollevati dalla sua riflessione - sfociata in seguito in una originalissima estetica della creazione verbale - come problemi portanti di tutto il XX secolo. In particolare, la problematica del «dialogo», nell'ampiezza e nella portata metodologica della trattazione bachtiniana, condenserebbe il senso delle ricerche e dello sviluppo della cultura artistica del nostro secolo. «Nell'opera di Bachtin "precipitarono" non solo singoli problemi, ma il pathos stesso del tempo, il che si riflesse nella scrittura, nel ritmo e nella tensione dei testi bachtiniani» - giustamente osserva Bogatyreva, per concludere: «Le idee artistiche annunciate all'inizio del secolo furono successivamente svolte, sviluppate, interpretate e parrebbe, verso la fine del secolo, esaurite». Verissimo, come vero è anche che nelle pagine di Bachtin si possono rinvenire in embrione, come efficacemente suggerisce l'autrice, varianti possibili per gli sviluppi ulteriori del pensiero artistico contemporaneo. Una volta di più, l'immagine che si profila è quella di un pensatore la cui opera, permeata dall'idea di responsabilità morale della persona, risulta all'unisono con i realia della contemporaneità.

[Margherita De Michiel]

  • The Seventh International Bakhtin Conference, Moskva, 1995.


  • w-bol, settembre 1998


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