Daniela Baroncini
«Horcynus Orca» e la struttura simbolica del viaggio


Un'opera vasta e complessa come il romanzo di D'Arrigo, vero e proprio monstrum nel panorama letterario contemporaneo, sembra sottrarsi ad ogni interpretazione unilaterale, ma nello stesso tempo, per un singolare paradosso, pare quasi orientare a una lettura in chiave prevalentemente simbolica. Si può allora affermare che in tale prospettiva il tema fondamentale sia rappresentato dal viaggio.

È superfluo ricordare le origini antiche di questo motivo topico, sul quale in ogni epoca sono fiorite variazioni molteplici. Occorre invece sottolineare che dal baudelairiano voyage "au fond de l'inconnu" l'idea del viaggio ha ispirato la poesia del nostro Novecento, da Ungaretti (La Terra Promessa, Il taccuino del vecchio) a Caproni (Il passaggio d'Enea, Il congedo del viaggiatore cerimonioso), influendo anche sulla scrittura narrativa, come nel caso di Pavese, di Landolfi (La pietra lunare) e soprattutto di Vittorini (Conversazione in Sicilia), i quali raccontano con accenti del tutto personali il viaggio simbolico verso le origini.

La narrazione è condotta da D'Arrigo lungo il filo di un nostos omerico, compiuto da un giovane marinaio siciliano reduce dalla guerra e di ritorno verso la terra natale. La prima parte del racconto, fino all'apparizione apocalittica dell'Orca nel mare dello Stretto, si mantiene sostanzialmente fedele a questa struttura lineare. Ma gradualmente, fatalmente si direbbe, la linearità del percorso si frantuma e si dissolve in una trama complessa di incontri - l'idea del viaggio dantesco - ai quali si intrecciano poi, seguendo il fluire libero dell'immaginazione e della memoria, sogni, ricordi e visioni. Il tempo reale sprofonda progressivamente, quasi insensibilmente, nella temporalità magmatica della coscienza. Al viaggio in superficie corrisponde un viaggio nell'oscurità degli abissi acquorei, abitati da creature sfuggenti, ambigue, ossimori pericolosamente seducenti. Particolarmente degna di nota è l'intensità simbolica e visionaria della rappresentazione del cimitero delle "fere", negli inferi di Vulcano. Il carattere simbolico e a tratti epico della narrazione risulta inoltre accentuato dalla singolare invenzione linguistica, impasto perfettamente coerente di elementi dialettali, arcaismi, neologismi e linguaggio colto, che custodisce gelosamente il segreto indecifrabile della propria origine.

Come l'Ulisse pascoliano, il protagonista di Horcynus Orca ritrova un mondo profondamente cambiato, irriconoscibile. E come l'Ulisse pascoliano egli compie fatalmente l'"ultimo viaggio" verso la Morte e il Nulla, "dentro, più dentro dove il mare è mare". E nel Nulla s'inabissa il viaggio alle origini e alle Madri, tentativo estremo di recuperare un passato irrimediabilmente perduto.


n. zero, maggio 1995 - 1995, n. 1


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